Sembra persino un bel gesto: Oliviero Diliberto, segretario dei comunisti italiani, prima guida del Team Arcobaleno, lascia il posto di capolista in Piemonte a Ciro Argentino, operaio della Thyssen. Nobilissime, a una prima lettura, pure le motivazioni: «I comunisti sono diversi da tutti gli altri. Per quanto mi riguarda, la politica si può fare bene anche fuori dalle istituzioni».
Solo un inciso su quest’ultimo commento: parlando in parole povere, comincia a rompere. Sembra l’inno nazionale della Terza repubblica. Prima di Oliviero, l’hanno già interpretato con esibito orgoglio i valorosi Prodi, Amato, Mastella e trombati vari. Tutti a far notare il passo indietro, tutti solerti nel convincerci che «si può fare politica anche stando fuori dal Parlamento». A noi, lo dicono. Qualcuno li avverta che per quanto ci riguarda lo sappiamo già benissimo: da tempo immemorabile tanti italiani fanno politica senza mai mettere piede nel Palazzo romano, senza neppure sentirsi eroi e martiri. Tranquilli, non c’è bisogno che si affannino a spiegarcelo. Eventualmente, stupisce che ci arrivino soltanto dopo una mezza dozzina di legislature. Sono un po’ rigidi, a livello di comprensione. Un po’ lenti. Tanto rigidi e tanto lenti da far nascere un sospetto: che la vecchia favola della volpe e dell’uva trovi una nuova, ennesima, patetica conferma.E comunque. Alla lunga lista degli sportivoni, che possono tranquillamente fare a meno di un seggio, ecco ora iscriversi il generoso Diliberto. Dopo Veltroni, anch’egli fa spazio a un operaio Thyssen: lui, sacrificandosi in prima persona. Il grande fervore attorno alle sorti degli operai torinesi è fenomeno teoricamente positivo, ma apre inevitabilmente una voragine di rimpianti: anziché questo sgomitare per metterli in vetrina adesso, a scopo elettorale, tutti quanti là nelle fabbriche avrebbero preferito un poco di semplice attenzione prima, molto prima. Ma a questo punto è persino inutile eccepire: sette morti dopo, la grande questione operaia sembra tornare tra i primi pensieri della sinistra italiana. Sembra. Che poi sia un sentimento sincero e radicato, è tutto da vedere. Lo vedremo dopo, a urne richiuse. Per il momento, un margine di diffidenza resta. Diciamo un certo sentore di bassa propaganda?
I comunisti, resisi conto di non essere mai riusciti a fare gli interessi degli operai vogliono mettersi nelle mani di operai professionisti........
bisogna vedere adesso se gli operai vorranno ancora mettersi nelle mani dei comunisti.
7 commenti:
Pajassi, i recluta l'operaio de torin, a citofonista siciliana, prossimamente el stradin de genova, a lavandaia de firense e el scaricator de portomarghera, i fa na gara a torne pal sesto.
Era veramente tanto che non vedevo un sito di cotanta demenza.
CIARLATANO
PS: la Padania storicamente non esiste è un'invenzione moderna che ti sei bevuto. Vai a squola (hai letto bene con la "q") perchè quella con la "c" non ti è servita poi a molto. Dimenticavo restituisci allo Stato i soldi che gli hai rubato per non aver imparato l'italiano e la storia e poi magari vai su wikipedia a cercare di imparare qualcosa.
Somaro!
QUESTO EL GHE NE SA PIù DEL LIBRO.
NATO VENETO. DIVENTATO MONA.
El ze proprio nato male!
Ciò! Natoveneto ma a che scoea te riferissito, quea che ti no te ghe fato parchè i te ga bocià in tersa media?
El ga da essar uno de a Sinistra Critica.
Sindacaijsta. Sicuramente!
Veneto libero dall'opresor comunista! Va torte i voti soto el Vesuvio tra na scoassa e n'altra!
Mi sa che un giretto su Wikipedia dovresti fartelo tu, caro "natoveneto", perchè se tu digiti la parola "Padania" nel motore di ricerca, ecco cosa dicono:
Padania è una denominazione geografica usata per identificare le regioni della Val Padana, in particolare dagli aderenti al movimento politico Lega Nord.
Gianni Brera usò questo termine per indicare il territorio che ai tempi di Catone corrispondeva alla Gallia Cisalpina (o, per usare le parole di Brera, alla «Gallia Cis- e Transpadana»).[1]
Negli anni settanta la sezione di Lombardia, Ticino e Grigioni lombardi dell'Association Internationale pour la Défense des Langues et des Cultures Menacées cominciò ad usare il termine padano per riferirsi all'insieme degli idiomi galloitalici, mentre, nel 1982, il glottologo Geoffrey S. Hull dell'Università Macarthur di Sidney Ovest scrisse una tesi, intitolata The Linguistic Unity of Northern Italy and Rhaetia, in cui chiamò Padania la terra in cui si parlano gli idiomi galloitalici (emiliano-romagnolo, ligure, lombardo e piemontese), il veneto, l'istrioto e, come anfizona, gli idiomi retoromanzi, considerati basicamente tutti delle varianti locali, variamente divergenti, di un'unico sistema linguistico: la lingua padanese (così Geoffrey Hull traduce in italiano l'inglese Padanian). Questa definizione di Padania etnolinguistica, inclusi (come per Hull) o meno (come secondo l'AIDLCM lombardo-ticinese e lo scrittore Sergio Salvi) i territori di idioma retoromanzo, veneto e istrioto, non corrisponde a quella successivamente introdotta nella politica dalla Lega Nord, che ha reso popolare la parola Padania.
Proprio ben! Ghe ze da zontar che tute ste informassion le saveva ben Miglio quando teorizava a secession.
Parché el conceto fondamentae ze che un Popoeo ze sempre accompagnà da un teritorio.
Padania libera!
NATOVENETO POROGRAMO
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